Le origini della tartuficoltura in Abruzzo
Le origini della tartuficoltura in Abruzzo
Le origini della tartuficoltura in Abruzzo – Dalle sperimentazioni di Vicentini all’inizio dell’Ottocento, la coltivazione del tartufo per lungo tempo non ha interessato l’Abruzzo. Una sperimentazione occasionale, senza alcuna notizia sui risultati, fu effettuata a metà degli anni ’70 del Corpo Forestale dello Stato nella riserva di Popoli con materiale proveniente da un vivaio marchigiano del CFS, dove, sino a qualche anno prima aveva operato Lorenzo Mannozzi-Torini, pioniere della tartuficoltura moderna.
Pochi anni dopo (1978), la Condotta Forestale del Comune dell’Aquila, in collaborazione con l’allora Istituto di Botanica dell’Università dell’Aquila, avviò una sperimentazione nella zona di Case di Preturo (l’Aquila) con piante micorizate con Tuber Melanosporum prodotte in loco partendo da semi sterilizzati, coperti da densa sospensione zuccherina di spore ed impiantati in terreno sterilizzato a vapore, secondo il metodo Mannozzi-Torini (1970). L’impianto è ancora oggi produttivo e ben protetto da recinzioni. Uno degli AA (G.P.) dopo un lungo soggiorno negli USA, alla fine del 1983, rientrò a L’Aquila con un’auto da Roma, fu fermato dal un vigile ad un incrocio: non aveva commesso nessuna infrazione, ma il vigile, riconosciuto il guidatore, voleva comunicargli la sua felicità perché quella stessa mattina aveva raccolto un tartufo nero da un etto!
La coltivazione del tartufo nell’Aquilano partì subito dopo con una intelligente politica di sostegno della Camera di Commercio coadiuvata dal CFS. Molte piante arrivarono dall’Umbria e dalle Marche e le tartufaie cominciarono a diffondersi nelle zone interne della ragione Abruzzo.
Con fondi della Comunità Europea fu finanziato il Centro di Ricerca ed Applicazione delle Micorrize forestali (CRAMF) terminato nel 1993. Dopo lusinghieri successi nel capo del recupero ambientale con piante micorizzate con Pisolithus Arhyzus, la Regione indirizzò la attività del centro principalmente alla produzione di piante tartuficole. Il CRAMF è stato per più di 20 anni uno dei punti di riferimento della tartuficoltura regionale alla quale a contribuito con la produzione di quasi 200,000 piante. Purtroppo il 1 luglio del 2015 ha cessato l’attività.
Negli ultimi venti anni la tartuficoltura ha restituito produttività ad un numero imprecisato di terreni marginali abbandonati delle aree interne o trasformando la destinazione d’uso dei suoli produttivi nella nuova attività agricola. Dal numero di piante vendute nella Regione dai principali vivai regionali e nazionali, circa 1 milione, il valore dei nuovi impianti dovrebbero aggirarsi intorno ai 2500 ettari. Ma in realtà ricognizioni sul territorio mostrano una attività estremamente diffusa specialmente nell’Abruzzo aquilano dove gli impianti di piccole e medie dimensioni si susseguono per chilometri.
